Disturbi del comportamento alimentare
L’anoressia nervosa e la bulimia nervosa sembrano essere i disturbi della nostra epoca. Sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo. I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica. Gli individui affetti da questo disturbo tendono ad essere di sesso femminile, economicamente benestanti, istruiti e radicati nella cultura occidentale, cultura nella quale la magrezza viene considerata una virtù.
Riguardo quest’ultima affermazione vorrei fare una precisazione: a mio avviso non esistono patologie causate dalla cultura, ma la cultura fornisce le parole, il linguaggio con cui il disagio si esprime, disagio che ha origine da vicende tutte individuali, familiari o biologiche. Per cui, ad esempio, una ragazza non svilupperà un’anoressia perché la società le impone di essere magra, ma il suo bisogno di essere magra sarà il modo in cui lei esprimerà un malessere più profondo che nell’anoressia troverà “le parole” per manifestarsi. Proprio per queste ragione capire perché si sviluppa un disturbo complesso come l’anoressia nervosa o la bulimia nervosa è molto difficile in quanto le cause sono molteplici e diverse (almeno in parte) da persona a persona. I fattori di rischio sono 3 e agiscono in modo consecutivo: i primi sono i fattori predisponenti, ossia tutti quei fattori genetici, psicologici e ambientali, che aumentano la predisposizione e la vulnerabilità a sviluppare un disturbo dell’alimentazione. I secondi fattori sono i fattori precipitanti, che consistono in eventi o situazioni che scatenano l’insorgenza del disturbo (lutti, aggressioni, separazioni, fallimenti scolastici, cambio di scuola, essere presi in giro per il proprio aspetto). Infine ci sono i fattori di mantenimento, ossia tutti quei fattori psicologici e ambientali che impediscono il ritorno alla normalità costituendo un circolo vizioso di mantenimento della malattia.
Anoressia nervosa
Il termine anoressia significa letteralmente “mancanza di appetito” (dal greco anorexia). Questa definizione non è del tutto appropriata in quanto il non sentire la fame non è il nodo centrale attorno al quale si sviluppa il disturbo di anoressia nervosa. In realtà l’anoressia nervosa è una ricerca fanatica della magrezza correlata ad un’opprimente paura di ingrassare. Queste paure vengono controllate da tutta una serie di rituali che accompagnano le preoccupazioni riguardo al controllo del corpo e dell’assunzione di cibo. Alcune persone contano le calorie di quello che mangiano, alcune sminuzzano il cibo in piccolissime parti, o lo accumulano, o lo nascondono, oppure mangiano particolari alimenti cucinati in modo particolare.
Nonostante la magrezza evidente chi soffre di anoressia nervosa è incapace di vedersi magra, hanno un’immagine corporea alterata che può riguardare l’intero corpo (“sono grassa”) o alcune sue parti (“ho i fianchi larghi”, “ho la pancia grossa”). La loro autostima è strettamente collegata al peso, la cui riduzione progressiva è considerata una conquista ottenuta grazie all’autocontrollo e alla disciplina. La perdita di peso iniziale è spesso associata ad un periodo di benessere, che rinforza i rituali e porta la persona a rifugiarsi in essi quando sopravvengono i primi sintomi depressivi che solitamente accompagnano l’anoressia nervosa. Il perfezionismo solitamente è un’altra caratteristica che accomuna chi soffre di anoressia nervosa: il bisogno di continue conferme e approvazioni è nascosto e compensato da ambizione e competizione per dimostrare a se stessi che si è capaci di riuscire in qualcosa, salvo poi non accontentarsi del risultato ottenuto (per cui il corpo non sarà mai abbastanza perfetto, mai abbastanza magro).
Anche avere una bassa stima di sé non solo costituisce un fattore di rischio nello sviluppo di un disturbo alimentare, ma ne costituisce un importante fattore di mantenimento. In molte pazienti anoressiche l’autostima e la sicurezza di sé possono derivare dalla capacità di controllare la fame, di digiunare e di perdere peso.
Spesso le persone che sviluppano un disturbo alimentare hanno già delle difficoltà di relazionarsi con gli altri e con la malattia i rapporti diventano ancora più tesi e problematici. In altri casi, la malattia porta la persona ad isolarsi o a limitare i contatti alla semplice formalità. Gli altri possono essere vissuti con insofferenza e irritabilità, non solo perché non “capiscono” il loro problema, ma perché possono osservare e giudicare il proprio corpo e aspetto fisico.
Solo una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiedono aiuto. Nell’anoressia nervosa questo può avvenire perché la persona all’inizio non sempre si rende conto di avere un problema. Anzi, all’inizio, la perdita di peso può far sentire la persona meglio, più magra, più bella e più sicura di sé. A volte le persone ricevono complimenti durante la loro iniziale perdita di peso e questo può rinforzare la sensazione di stare facendo la cosa giusta. Quando le cose invece cominciano a preoccupare, perché la perdita di peso è eccessiva o comunque comporta un cambiamento importante della persona, molte persone non sanno come affrontare l’argomento. In genere sono i familiari che, per primi, allarmati dall’eccessiva perdita di peso, si rendono conto che qualcosa non va. Anche per loro però non è facile intervenire, soprattutto quando la figlia o il figlio non hanno ancora nessuna consapevolezza del problema e rispondono con frasi come “non ho nessun problema …sto benissimo!”.
Bulimia nervosa
La radice etimologica del termine bulimia rimanda letteralmente a “fame da bue”. La bulimia nervosa si caratterizza per la presenza di crisi bulimiche (le cosiddette “abbuffate”) a cui seguono comportamenti di compensazione per cercare di evitare l’aumento di peso (generalmente vomito, ma anche attività fisica o uso di lassativi). Le crisi bulimiche sono episodi in cui una persona ingerisce, spesso senza sentirne il sapore, grandi quantità di cibo perdendo letteralmente il controllo sul suo comportamento alimentare. Una crisi bulimica ha generalmente una durata limitata nel tempo, ma alcune persone che soffrono di questo disturbo possono averne molte nell’arco delle stessa giornata. Di solito vengono ingeriti cibi che la persona non si concede abitualmente con una preferenza per i dolci ed i cibi ad alto contenuto calorico o di grassi. Le conseguenze emotive di una crisi bulimica possono essere diverse; in alcuni casi le persone riferiscono di provare un temporaneo sollievo e senso di piacere. Di solito questi effetti “positivi” sono ben presto sostituiti da una profonda angoscia per la possibilità di ingrassare e perché non si è stati capaci di controllarsi. I metodi di compensazione, soprattutto il vomito, possono dare la temporanea sensazione di alleviare l’ansia, ma dopo può comparire un senso di vuoto che può innescare una nuova abbuffata. Il vomito, in particolare, ha anche un ruolo ‘fisiologico’ nel rischio di avere ulteriori crisi bulimiche: l’aumento dell’insulina e l’ipoglicemia che segue gli episodi di vomito possono infatti determinare un aumento della fame e innescare una nuova crisi bulimica.
Un sentimento quasi sempre presente è quello della vergogna e della colpa. Ed è per questo che spesso la malattia viene nascosta ai familiari e agli amici il più a lungo possibile e in molti casi la richiesta di aiuto viene fatta dopo molto tempo che il disturbo è cominciato.
La bulimia nervosa non stravolge solo i comportamenti alimentari, ma anche altre aree importanti della vita della persona. Può capitare di rinunciare alle situazioni sociali che comportano lo stare a tavola con gli altri, oppure di diventare ansiosi e irritabili.
Insieme al desiderio di perfezionismo e alla bassa autostima nelle persone che soffrono di bulimia nervosa possiamo riscontrare anche impulsività e un pensiero dicotomico detto “del tutto o nulla”. Quest’ultimo spesso è il responsabile delle crisi bulimiche in quando, dopo aver mangiato anche piccole quantità di cibo, la persona si convince di aver ormai trasgredito la dieta per cui, guidate dal pensiero “tanto ormai ho rovinato tutto” proseguono nell’abbuffata.
Chi soffre di bulimia nervosa spesso si rivolge ad un terapeuta solo dopo molti anni da quando il disturbo è cominciato; come nell’anoressia, inizialmente non si ha una piena consapevolezza di avere una malattia, ma soprattutto un forte senso di vergogna e di colpa sembra “impedire” alla persona di chiedere aiuto o semplicemente di confidare a qualcuno di avere questo tipo di problemi. Il fatto di non riconoscere di avere un problema o di usare i sintomi del disturbo alimentare per cercare di risolvere le proprie difficoltà può avere delle importanti conseguenze sulla richiesta di un trattamento.