Codice Deontologico
delle Psicologhe e degli Psicologi Italiani
Proposta di revisione approvata dal Consiglio Nazionale dell’Ordine il 28 aprile 2023 con deliberazione n. 14.
PREMESSA ETICA
Scopo del Codice deontologico è costituire il riferimento per la condotta di tutte le psicologhe e di
tutti gli psicologi, qualunque sia il loro orientamento teorico- applicativo, l’ambito scientifico e di
ricerca, la metodologia e gli strumenti utilizzati, la loro attività professionale.
Le psicologhe e gli psicologi fondano le loro ricerche e la loro pratica professionale su
conoscenze scientifiche specifiche, discusse e condivise dalla comunità scientifica internazionale
e nazionale: l’oggetto di questa scienza è l’insieme dei rapporti reciproci tra la vita psichica, le
dimensioni relazionali e i comportamenti individuali, di gruppo, di comunità.
Tutto questo impegna le psicologhe e gli psicologi a prestare particolare attenzione alle
conseguenze delle proprie scelte e delle proprie azioni professionali.
La buona pratica professionale è la pietra angolare all’interno della relazione tra professionista e
cliente (o paziente o utente) e nasce dall’integrazione dei quattro principi etici che caratterizzano
la professione. Tale buona pratica esclude ogni intervento, orientamento teorico, metodo o
tecnica psicologica che possa confliggere con tali principi.
I QUATTRO PRINCIPI ETICI
Primo principio etico
Rispetto e promozione dei diritti e della dignità delle persone e degli animali
Le psicologhe e gli psicologi rispettano e promuovono i diritti fondamentali della dignità e del
valore di tutte le persone e degli animali. In particolare, operano per la promozione della libertà,
dell’autonomia e del benessere psicologico, nel rispetto della soggettività di ciascuna persona,
gruppo o comunità.
Secondo principio etico
Competenza
La competenza delle psicologhe e degli psicologi è data sia da conoscenze teoriche acquisite
all’Università e attivamente integrate e aggiornate, sia da una pratica sottoposta al confronto tra
pari e alla supervisione di colleghe o colleghi esperti e altamente qualificati.
Le psicologhe e gli psicologi assicurano e mantengono alti standard di formazione e competenza
nell’ambito professionale in cui operano; riconoscono i limiti delle loro specifiche competenze e i
confini dei loro ambiti di intervento; utilizzano solo metodi, strumenti e tecniche per i quali si sono
preparati attraverso una specifica e adeguata formazione scientifica, un costante training,
un’attiva esperienza professionale. La loro formazione è sottoposta ad un continuo
aggiornamento scientifico e metodologico.
Terzo principio etico
Responsabilità
Le psicologhe e gli psicologi hanno la responsabilità professionale e scientifica verso le persone
che a loro si rivolgono, verso la comunità e verso la società in cui lavorano e vivono, e verso
l’ambiente che li circonda.
Pertanto, le psicologhe e gli psicologi si assumono la responsabilità della scelta dei metodi, degli
strumenti e delle tecniche, della loro applicazione e delle prevedibili conseguenze, prestando
attenzione affinché le loro prestazioni non vengano usate in modo strumentale e in contrasto con
il principio del rispetto dei diritti e della dignità delle persone e degli animali.
Quarto principio etico
Onestà e integrità, lealtà e trasparenza
Le psicologhe e gli psicologi operano affinché i loro interventi e le loro attività professionali siano
sempre ispirati da onestà intellettuale, integrità professionale, lealtà umana. L’impegno alla
trasparenza nel presentare il proprio ruolo e i propri metodi, ad esplicitare gli strumenti utilizzati e
ad informare circa le prestazioni e gli interventi offerti è uno dei presupposti fondamentali del
saper fare e del saper essere delle psicologhe e degli psicologi.
Il tempo della comunicazione è tempo di cura.
I principi sopra enunciati sono fondamentali e imprescindibili; le psicologhe e gli psicologi si
impegnano a rispettarli, ad ispirarsi ad essi ed a diffonderne la conoscenza. Sulla base di tali
principi regolano i rapporti che intrattengono nella loro comunità scientifico-professionale e quelli
che sviluppano con le altre professioni.
Codice Deontologico
delle Psicologhe e degli Psicologi Italiani
CAPO I - PRINCIPI GENERALI
Articolo 1 – Campo di applicazione
Le regole del presente Codice Deontologico sono vincolanti per tutte le iscritte e tutti gli iscritti
all’Albo.
Tutte le psicologhe e tutti gli psicologi iscritti sono tenuti alla loro conoscenza e l’ignoranza delle
medesime non esime dalla responsabilità disciplinare.
Le stesse regole si applicano anche nei casi in cui le prestazioni, o parti di esse, vengano
effettuate a distanza, via Internet o con qualunque altro mezzo elettronico e/o telematico.
Articolo 2 – Procedure disciplinari e sanzioni
La psicologa e lo psicologo non mettono in atto azioni e comportamenti che ledono il decoro e la
dignità della professione.
L’inosservanza dei precetti stabiliti nel presente Codice deontologico, ogni azione od omissione
contrarie al corretto esercizio della professione sono puniti secondo quanto previsto dall’art. 26,
comma 1°, della Legge 18 febbraio 1989, n. 56.
Articolo 3 – Principio di responsabilità
La psicologa e lo psicologo considerano loro dovere accrescere le conoscenze sul
comportamento umano ed utilizzarle per promuovere il benessere psicologico dell’individuo, del
gruppo e della comunità. In ogni ambito professionale operano per migliorare la capacità delle
persone di comprendere se stesse e gli altri e di comportarsi in maniera consapevole, congrua ed
efficace. La psicologa e lo psicologo sono consapevoli della responsabilità sociale derivante dal
fatto che, nell’esercizio professionale, possono intervenire significativamente nella vita delle altre
persone. Pertanto devono prestare particolare attenzione ai fattori personali, sociali, culturali,
organizzativi, finanziari e politici, al fine di evitare l’uso inappropriato della loro influenza, e non
utilizzare indebitamente la fiducia e le eventuali situazioni di dipendenza di committenti e persone
destinatarie della loro prestazione professionale. La psicologa e lo psicologo sono responsabili dei
loro atti professionali e delle loro prevedibili e dirette conseguenze.
Articolo 4 – Principio del rispetto e della laicità
La psicologa e lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, forniscono all'individuo,
al gruppo, all'istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e
comprensibili circa le proprie prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il
grado e i limiti giuridici della riservatezza.
Riconoscono le differenze individuali, di genere e culturali, promuovono inclusività, rispettano
opinioni e credenze e si astengono dall’imporre il proprio sistema di valori.
La psicologa e lo psicologo utilizzano metodi, tecniche e strumenti che salvaguardano tali principi
e rifiutano la collaborazione ad iniziative lesive degli stessi.
Quando sorgono conflitti di interesse tra l’utente e l’istituzione presso cui la psicologa e lo
psicologo operano, questi ultimi devono esplicitare alle parti, con chiarezza, i termini delle proprie
responsabilità ed i vincoli cui sono professionalmente tenuti.
Articolo 5 – Competenza professionale
La psicologa e lo psicologo sono tenuti a mantenere un livello adeguato di preparazione e
aggiornamento professionale, con particolare riguardo ai settori nei quali operano. La violazione
dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare che è sanzionato sulla base
di quanto stabilito dall’ordinamento professionale. Riconoscono i limiti della loro competenza e
usano, pertanto solo strumenti teorico-pratici per i quali hanno acquisito adeguata competenza e,
ove necessario, formale autorizzazione. La psicologa e lo psicologo impiegano metodologie delle
quali sono in grado di indicare le fonti e riferimenti scientifici, e non suscitano, nella persona
cliente e/o utente aspettative infondate.
Articolo 6 – Autonomia professionale
La psicologa e lo psicologo accettano unicamente condizioni di lavoro che non compromettano la
loro autonomia professionale ed il rispetto delle norme del presente codice, e, in assenza di tali
condizioni, informano il loro Ordine regionale. La psicologa e lo psicologo salvaguardano la loro
autonomia nella scelta dei metodi, delle tecniche e degli strumenti psicologici, nonché della loro
utilizzazione; sono perciò responsabili della loro applicazione ed uso, dei risultati, delle valutazioni
e delle interpretazioni che ne ricavano. Nella collaborazione con professionisti di altre discipline, la
psicologa e lo psicologo esercitano la piena autonomia professionale nel rispetto delle altrui
competenze.
Articolo 7 – Validità dei dati e delle informazioni
Nelle attività di ricerca, nelle comunicazioni dei risultati e in ogni altra attività professionale,
nonché nelle attività didattiche, di formazione e supervisione, la psicologa e lo psicologo valutano
attentamente, anche in relazione al contesto, il grado di validità, di attendibilità, di accuratezza, di
affidabilità di dati, informazioni e fonti su cui basano le conclusioni raggiunte; espongono,
all’occorrenza, le ipotesi interpretative alternative ed esplicitano i limiti dei risultati a cui sono
arrivati.
La psicologa e lo psicologo, su casi specifici, esprimono valutazioni e giudizi professionali solo se
fondati sulla conoscenza professionale diretta ovvero su una documentazione adeguata, coerente
con il tema oggetto di valutazione ed attendibile.
Articolo 8 – Tutela della professione e contrasto all’esercizio abusivo
La psicologa e lo psicologo contrastano l’esercizio abusivo della professione come definita dagli
articoli 1 e 3 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56, e segnalano al Consiglio dell’Ordine i presunti
casi di abusivismo o di usurpazione di titolo di cui vengono a conoscenza. Parimenti, utilizzano il
loro titolo professionale esclusivamente per attività ad esso pertinenti, e non avallano con esso
attività ingannevoli od abusive.
Articolo 9 – Consenso informato nella ricerca
Nella loro attività di ricerca la psicologa e lo psicologo sono tenuti ad informare adeguatamente le
persone in essa coinvolte rispetto agli scopi, alle procedure, ai metodi, ai tempi e ai rischi della
stessa, nonché alla modalità di trattamento dei dati personali raccolti al fine di acquisirne il
consenso.
Sono altresì tenuti a fornire adeguate informazioni anche relativamente al nome, allo status
scientifico e professionale della ricercatrice e del ricercatore ed alla loro istituzione di
appartenenza.
Devono altresì garantire alle persone partecipanti alla ricerca la piena libertà di concedere, di
rifiutare ovvero di ritirare il consenso stesso.
Nell’ipotesi in cui la natura della ricerca non consenta di informare preventivamente,
correttamente e completamente le persone partecipanti su alcuni aspetti della ricerca stessa, la
psicologa e lo psicologo hanno l’obbligo di fornire alla fine dell’attività sperimentale e/o di ricerca,
le informazioni dovute e di acquisire l’autorizzazione all’uso del materiale e dati raccolti.
Per quanto concerne le persone che, per età o per altri motivi, non sono in grado di esprimere
validamente il loro consenso, questo deve essere dato da coloro che esercitano la responsabilità
genitoriale o la tutela. È altresì richiesto l’assenso delle persone stesse, ove siano in grado di
comprendere la natura dei contenuti delle attività in cui saranno coinvolte e della collaborazione
richiesta, in relazione alla loro età e al loro grado di maturità nel pieno rispetto della loro dignità.
Deve essere tutelato, in ogni caso, il diritto delle persone alla riservatezza, alla non riconoscibilità
ed all’anonimato.
Articolo 10 – Attività professionali con gli animali
Quando le attività professionali, incluse quelle di ricerca, hanno ad oggetto il comportamento
degli animali, la psicologa e lo psicologo si impegnano a rispettarne la natura ed a evitare loro
sofferenze.
Articolo 11 – Segreto professionale
La psicologa e lo psicologo sono strettamente tenuti al segreto professionale. Pertanto non
rivelano notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del loro rapporto professionale, né
informano circa le prestazioni professionali programmate o effettuate, a meno che non ricorrano le
ipotesi previste dai seguenti articoli.
Articolo 12 – Testimonianza
La psicologa e lo psicologo si astengono dal rendere sommarie informazioni o testimonianza su
quanto conosciuto per ragione della propria professione.
La psicologa e lo psicologo possono derogare all’obbligo del segreto professionale in presenza di
un valido e dimostrabile consenso della persona destinataria della prestazione. Valutano,
comunque, l’opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela
psicologica della persona destinataria della prestazione.
In assenza del consenso della persona destinataria della prestazione e salvi i casi in cui hanno
l’obbligo di riferirne all’autorità giudiziaria, la psicologa e lo psicologo devono astenersi dal
rendere informazioni, e in caso di testimonianza devono rimettersi alla motivata decisione del
Giudice.
Articolo 13 – Casi di referto o denuncia o deroga alla riservatezza
Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, la psicologa e lo psicologo limitano a
quanto strettamente necessario, all’adempimento di tale obbligo, il riferimento di quanto appreso
in ragione del loro rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica della persona. Negli altri
casi, valutano con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla loro
doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica
della persona e/o di terzi.
Articolo 14 – Interventi professionali su gruppi
Nel caso di intervento su o attraverso gruppi, la psicologa e lo psicologo hanno il compito di
informare, nella fase iniziale, circa le regole che governano tale intervento. Devono altresì
impegnare, quando necessario, le persone componenti del gruppo al rispetto del diritto di
ciascuna alla riservatezza.
Articolo 15 – Collaborazioni interprofessionali e condivisione delle informazioni
Nel caso di collaborazione con altre figure professionali parimenti tenute al segreto, la psicologa e
lo psicologo, previo consenso della persona destinataria della prestazione, possono condividere
soltanto le informazioni strettamente necessarie in relazione al tipo di collaborazione.
Articolo 16 – Salvaguardia dell’anonimato
La psicologa e lo psicologo redigono le comunicazioni scientifiche in modo da salvaguardare in
ogni caso l’anonimato delle persone destinatarie della prestazione.
Articolo 17 – Protezione di dati e documenti
La riservatezza delle comunicazioni deve essere protetta e garantita anche attraverso la custodia
e il controllo di appunti, note, scritti o registrazioni di qualsiasi genere e sotto qualsiasi forma, che
riguardino il rapporto professionale.
Tale documentazione deve essere conservata per almeno i cinque anni successivi alla
conclusione del rapporto professionale, fatto salvo quanto previsto da norme specifiche.
La psicologa e lo psicologo che collaborano alla costituzione ed all’uso di sistemi di
documentazione si adoperano per la realizzazione di garanzie di tutela delle persone interessate.
Articolo 18 – Rispetto della libertà di scelta
In ogni contesto professionale la psicologa e lo psicologo devono adoperarsi affinché sia il più
possibile rispettata la libertà di scelta, da parte dell’ente o della persona cliente e/o paziente, della
professionista o del professionista cui rivolgersi.
Articolo 19 – Contesti valutativi
La psicologa e lo psicologo che prestano la loro opera professionale in contesti di selezione e
valutazione sono tenuti a rispettare esclusivamente i criteri della propria specifica competenza,
qualificazione o preparazione e non avallano decisioni contrarie a tali principi.
Articolo 20 – Attività di docenza e formazione psicologica
Nella loro attività di docenza, di didattica e di formazione la psicologa e lo psicologo stimolano in
studentesse, studenti e tirocinanti l’interesse per i principi deontologici, anche ispirando ad essi la
propria condotta professionale.
Articolo 21 – Insegnamento di metodi, tecniche e strumenti professionali
La psicologa e lo psicologo anche attraverso l’insegnamento, in ogni ambito e ad ogni livello,
promuovono conoscenze psicologiche, condividono e diffondono cultura psicologica.
Tuttavia costituisce grave violazione deontologica l’insegnamento a persone estranee alla
professione psicologica dell’uso di metodi, tecniche e di strumenti conoscitivi e di intervento
propri della professione stessa.
Costituisce aggravante il caso in cui l’insegnamento dei metodi, delle tecniche e degli strumenti
specifici della professione psicologica abbia come obiettivo quello di precostituire possibili
esercizi abusivi della professione.
Articolo 22 – Condotte non lesive
La psicologa e lo psicologo adottano condotte non lesive per le persone di cui si occupano
professionalmente, e nelle attività sanitarie si attengono alle linee guida e alle buone pratiche
clinico-assistenziali. Non utilizzano il loro ruolo ed i loro strumenti professionali per assicurare a sé
o ad altre persone indebiti vantaggi.
CAPO II - RAPPORTO CON L’UTENZA E LA COMMITTENZA
Articolo 23 – Compenso professionale
Nella fase iniziale del rapporto professionale, la psicologa e lo psicologo pattuiscono quanto
attiene al compenso. In ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata alla natura e alla
complessità dell’attività professionale. In ambito clinico tale compenso non può essere
condizionato all’esito o ai risultati dell’intervento professionale.
Articolo 24 – Consenso informato sanitario nei confronti di persona adulte capaci
Nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e
informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.
Il consenso informato, acquisito nei modi e con gli strumenti più consoni al contesto e alle
condizioni della persona, è documentato in forma scritta o attraverso videoregistrazione o, per la
persona con disabilità, attraverso dispositivi che le consentano di comunicare.
L’acquisizione del consenso informato è un atto di specifica ed esclusiva responsabilità della
psicologa e dello psicologo.
La psicologa e lo psicologo informano la persona interessata in modo comprensibile, completo, e
aggiornato sulla finalità e sulla modalità del trattamento sanitario, sull’eventuale diagnosi e
prognosi, sui benefici e sugli eventuali rischi, nonché riguardo alle possibili alternative e alle
conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario.
Articolo 25 – Uso degli strumenti e comunicazione dei risultati
La psicologa e lo psicologo non usano impropriamente gli strumenti di diagnosi e di valutazione di
cui dispongono. Nel caso di interventi commissionati da terzi, informano le persone circa la natura
dell’intervento professionale, e non utilizzano, se non nei limiti del mandato ricevuto, le notizie
apprese che possano recare ad esse pregiudizio. Nella restituzione e comunicazione dei risultati
dei loro interventi diagnostici e valutativi, la psicologa e lo psicologo sono tenuti ad adattare e
regolare tale comunicazione anche in relazione alla tutela psicologica delle persone a cui essa è
destinata e/o si riferisce.
Articolo 26 – Principio dell’astensione
La psicologa e lo psicologo si astengono dall’intraprendere o dal proseguire qualsiasi attività
professionale ove propri problemi o conflitti personali, interferendo con la natura e l’efficacia delle
loro prestazioni, le rendano inadeguate o dannose alle persone cui sono rivolte. La psicologa e lo
psicologo evitano, inoltre, di assumere ruoli professionali e di compiere interventi nei confronti di
altre persone, anche su richiesta dell’Autorità Giudiziaria, qualora la natura di precedenti rapporti
possa comprometterne credibilità ed efficacia.
Articolo 27 – Interruzione del rapporto professionale
La psicologa e lo psicologo valutano ed eventualmente propongono l’interruzione del rapporto
professionale quando constatano che la paziente o il paziente non trae alcun beneficio
dall’intervento psicologico e non è ragionevolmente prevedibile che ne trarrà dal proseguimento
dello stesso. Ove necessario, forniscono alla paziente o al paziente le informazioni idonee a
ricercare altri e più adatti interventi.
Articolo 28 – Commistioni tra ruolo professionale e vita privata
La psicologa e lo psicologo evitano commistioni tra il ruolo professionale e vita privata che
possano interferire con l’attività professionale o comunque arrecare nocumento all’immagine
sociale della professione. Costituisce grave violazione deontologica effettuare interventi
diagnostici, di sostegno psicologico o di psicoterapia rivolti a persone con le quali hanno
intrattenuto o intrattengono relazioni significative di natura personale, in particolare di natura
affettivo-sentimentale e/o sessuale. Parimenti costituisce grave violazione deontologica instaurare
le suddette relazioni nel corso del rapporto professionale. Alla psicologa e allo psicologo è vietata
qualsiasi attività che, in ragione del rapporto professionale, possa produrre per loro indebiti
vantaggi diretti o indiretti di carattere patrimoniale o non patrimoniale, ad esclusione del
compenso pattuito. La psicologa e lo psicologo non sfruttano la posizione professionale che
assumono nei confronti di colleghe e colleghi in supervisione e di tirocinanti, per fini estranei al
rapporto professionale.
Articolo 29 – Condizioni preliminari all’intervento
La psicologa e lo psicologo possono subordinare il loro intervento ad altri trattamenti sanitari e
alla condizione che la paziente o il paziente si rivolga a determinati presidi, istituti o luoghi di cura
soltanto per fondati motivi di natura scientifico-professionale.
Articolo 30 – Proporzionalità tra intervento e compenso
Nell’esercizio della loro professione alla psicologa e allo psicologo è vietata qualsiasi forma di
compenso che non costituisca il corrispettivo di prestazioni professionali.
Articolo 31 – Consenso informato sanitario nei casi di persone minorenni o incapaci
I trattamenti sanitari rivolti a persone minorenni o incapaci sono subordinati al consenso informato
di coloro che esercitano sulle medesime la responsabilità genitoriale o la tutela.
La psicologa e lo psicologo tengono conto della volontà della persona minorenne o della persona
incapace in relazione alla sua età e al suo grado di maturità nel pieno rispetto della sua dignità.
Nei casi di assenza in tutto o in parte del consenso informato di cui al primo comma, ove la
psicologa e lo psicologo ritengano invece che il trattamento sanitario sia necessario, la decisione
è rimessa all’autorità giudiziaria.
Sono fatti salvi i casi in cui il trattamento sanitario avvenga su ordine dell’autorità legalmente
competente o in strutture legislativamente preposte.
Articolo 32 – Prestazione richiesta da un committente
Quando la psicologa e lo psicologo acconsentono a fornire una prestazione professionale su
richiesta di un committente diverso dalla persona destinataria della prestazione stessa, sono
tenuti a chiarire con le parti in causa la natura e la finalità dell’intervento.
In tutti i casi in cui la persona destinataria ed il committente non coincidano, la psicologa e lo
psicologo tutelano prioritariamente la persona destinataria dell’intervento stesso.
CAPO III - RAPPORTI CON LE COLLEGHE E I COLLEGHI
Articolo 33 – Principio di colleganza
I rapporti fra le psicologhe e gli psicologi devono ispirarsi al principio del rispetto reciproco, della
lealtà e della colleganza. La psicologa e lo psicologo appoggiano e sostengono le colleghe e i
colleghi che, nell’ambito della loro attività, quale che sia la natura del loro rapporto di lavoro e la
loro posizione gerarchica, vedano compromessi la loro autonomia ed il rispetto delle norme
deontologiche.
Articolo 34 – Contributo allo sviluppo delle discipline psicologiche
La psicologa e lo psicologo si impegnano a contribuire allo sviluppo delle discipline psicologiche
e a comunicare i progressi delle loro conoscenze e delle loro tecniche alla comunità professionale,
anche al fine di favorirne la diffusione per scopi di benessere umano e sociale.
Articolo 35 – Indicazioni delle fonti
Nel presentare i risultati delle loro ricerche scientifiche e attività professionali, la psicologa e lo
psicologo devono indicare gli altrui contributi e le relative fonti.
Articolo 36 – Giudizi sull’operato di colleghe e colleghi
La psicologa e lo psicologo non esprimono pubblicamente su colleghe e colleghi giudizi negativi
relativi alla loro formazione, alla loro competenza, o comunque giudizi lesivi del loro decoro e della
loro reputazione professionale. Costituisce aggravante il fatto che tali giudizi negativi siano volti a
sottrarre clientela alle colleghe e ai colleghi. Qualora ravvisino casi di scorretta condotta
professionale e metodologica che possano tradursi in danno per le persone o enti destinatari o
per il decoro della professione, la psicologa e lo psicologo devono darne tempestiva
comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente.
Articolo 37 – Accettazione del mandato
La psicologa e lo psicologo accettano il mandato professionale esclusivamente nei limiti delle loro
competenze. Qualora l’interesse della persona o dell’ente richiedente la prestazione comporti il
ricorso ad altre competenze specifiche, la psicologa e lo psicologo propongono l’invio ad altro
collega o altro professionista.
Articolo 38 – Dignità professionale e decoro
Nell’esercizio della propria attività professionale e nelle circostanze in cui rappresentano
pubblicamente la professione a qualsiasi titolo, la psicologa e lo psicologo sono tenuti ad
uniformare la propria condotta ai principi della dignità professionale e del decoro.
CAPO IV - RAPPORTI CON LA SOCIETÀ
Articolo 39 – Presentazione professionale
La psicologa e lo psicologo presentano in modo corretto ed accurato la propria formazione,
esperienza e competenza. Riconoscono quale loro dovere quello di aiutare la comunità, le clienti e
i clienti, a sviluppare in modo libero e consapevole giudizi, opinioni e scelte.
Articolo 40 – Pubblicità professionale
La psicologa e lo psicologo, indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in
materia di pubblicità, non assumono pubblicamente comportamenti scorretti e finalizzati al
procacciamento della clientela.
In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni
professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle
prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto viene verificato,
ove necessario, dai competenti Consigli dell’Ordine.
Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri
di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e
veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.
CAPO V - NORME DI ATTUAZIONE
Articolo 41 – Osservatorio permanente sul CDPI
È istituito presso la “Commissione Deontologia” dell’Ordine degli Psicologi “l’Osservatorio
permanente sul Codice Deontologico”, regolamentato con apposito atto del Consiglio Nazionale
dell’Ordine.
L’Osservatorio ha il compito di raccogliere la giurisprudenza in materia deontologica dei Consigli
regionali e provinciali dell’Ordine e ogni altro materiale utile a formulare le proposte che la
Commissione dovrà portare in Consiglio Nazionale dell’Ordine ai fini della revisione periodica del
Codice Deontologico.
Articolo 42 – Entrata in vigore del CDPI
Il presente Codice deontologico entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla proclamazione
dei risultati del referendum di approvazione, ai sensi dell’art. 28, comma 6, lettera c) della Legge
18 febbraio 1989, n. 56.