Tutti noi abbiamo un’esperienza intima di che cosa sia una famiglia. Questa esperienza, e le relazioni che la strutturano, nel bene e nel male, fanno parte di noi. Questa conoscenza intima della famiglia ce la fa apparire come naturale e ovvia. La famiglia è ciò che Émile Durkheim ha definito un “fatto sociale”, un fatto così ovvio da apparire come dato in natura, al punto da non essere visto nella sua complessità e nelle sue regole storicamente e socialmente situate.
Eppure non c’è nulla di meno naturale della famiglia. Famiglia e coppia sono tra le istituzioni sociali più oggetto di regolazione che ci siano. È la società che di volta in volta definisce quali dei rapporti di coppia e di generazione sono "legittimi" e riconosciuti come famiglia, e quindi hanno rilevanza sociale e giuridica.
Negli ultimi anni sono molti i fattori che hanno contribuito al cambiamento radicale del concetto di famiglia: i fenomeni migratori, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della vita media, le leggi sull’adozione e sull’affido, l’indebolimento del matrimonio come fondamento esclusivo della relazione di coppia e delle scelte procreative, il progressivo riconoscimento delle relazioni omosessuali come relazioni di coppia che hanno uno statuto familiare e la moltiplicazione dei modi in cui si possono realizzare la filiazione e un rapporto genitoriale.
Se ci riflettiamo un poco scopriamo come tramite l’adozione o la procreazione medicalmente assistita (PMA) si può diventare genitori (e conseguentemente figli) senza che ci sia un rapporto sessuale, a volte senza che ci sia una coppia eterosessuale, e altre volte ancora senza che ci sia una coppia. Inoltre le tecniche di fecondazione assistita hanno rotto l’ovvietà del legame biologico tra chi è genitore e chi genera (specie nei casi di donatori esterni alla coppia). E in tutti questi casi sono le norme a stabilire chi può adottare o chi può ricorrere all’ “utero in affitto” oppure chi non è “idoneo”. E le norme cambiano non solo nel tempo, ma anche tra una nazione e l’altra.
Alla luce di questi fattori possiamo identificare moltissimi modi di fare famiglia, nessuno a mio avviso più “corretto” o più “sano” dell’altro, semplicemente modalità differenti tra loro che portano a vissuti psicologici diversi.
Ecco alcuni esempi di realtà familiari tipiche della cultura occidentale:
Sembra pertanto che il concetto di famiglia non si riferisca più solo a quell’istituzione naturale che la vedeva formata esclusivamente formata da un uomo, una donna e dai loro figli. Occorre considerarla piuttosto come una costruzione sociale, che cambia e si trasforma in base alle dinamiche delle persone, ai mutamenti economici e giuridici, allo stile di vita che viene instaurato nei rapporti all’interno della coppia e all’esterno verso i figli e il mondo.
Indipendentemente da come questi nuovi nuclei familiari siano nati, la consapevolezza che dovrebbe accomunare tutti è che una famiglia nasce sempre e comunque dall’amore, dalla responsabilità e dal rispetto, e non solo ed esclusivamente per legami biologici.
Da un punto di vista clinico, quindi, di particolare interesse risulta l'impatto sul funzionamento familiare dell'interazione tra processi emotivi (p.e. gestione dello stress, della sofferenza, dell'isolamento e di sentimenti depressivi legati alla separazione, al divorzio, al coming-out e all'infertilità), processi identitari (gestione delle perdite relative alla dissoluzione dei precedenti legami, dei conflitti di lealtà e dell'attivazione di risorse per la costruzione di nuove appartenenze) e processi psicosociali (gestione dell'impatto della discriminazione, dell'omofobia, dell'assenza di modelli socio-culturali basati sulla diversità familiare, della scarsità o addirittura mancanza di riconoscimento giuridico, politico e culturale).
G.Massimo Barrale - Psicologo Psicoterapeuta - Palermo